Case di comunità: opportunità o miraggio?

Recentemente è stato presentato dal direttore socio-sanitario di Asst, Dr. Sala, il progetto della casa di Comunità di Arese e Lainate, che sorgerà entro il 2026 a Lainate, fra la RSA e il centro sportivo Nelson Mandela. Le case di comunità, insieme agli ospedali di comunità, dovrebbero rappresentare il nuovo modello di servizio socio sanitario territoriale. Meglio ancora, la speranza è che con tali nuove strutture si “ricostruisca” il sistema pubblico di medicina territoriale, costituito dai medici di medicina generale, dai pronto soccorso e dagli ambulatori specialistici e di assistenza infermieristica, oggi in crisi per mancanza delle figure professionali e per inadeguatezza dei finanziamenti economici.
L’operazione è impegnativa, economicamente (ogni casa di comunità avrà un costo di costruzione di oltre 4 milioni di euro, dei quali 1 terzo a carico del PNRR e 2 terzi a carico delle Regioni), organizzativamente e dal punto di vista gestionale dato che ogni casa di comunità dovrà riunire più servizi collegandoli fra loro.
Il rischio di fallimento è elevato. Abbiamo già vissuto il fallimento della riforma sanitaria del 2017 di Regione Lombardia: i cittadini hanno preferito mantenere il proprio medico di famiglia, a dimostrazione che il medico di base è il pilastro della medicina territoriale. Ora, tutte le speranze sono riposte in questo nuovo modello di assistenza socio-sanitaria, sia pure nella consapevolezza dei suoi punti deboli, rappresentati prima di tutto dalla necessità di maggiori investimenti economici in sanità (cosa che non sta avvenendo) e dalla complessità organizzativa. I Comuni stanno già facendo la loro parte. A Lainate, per esempio, tutti i nuovi servizi dedicati ai più fragili (anziani e non autosufficienti) sono stati realizzati secondo il principio di integrazione fra servizi con la presa in carico delle persone. Pensiamo a Bussola, a Soli Mai, alla RSA aperta, all’importante progetto delle dimissioni protette, all’Alzheimer Cafè, alla futura sperimentazione di telemedicina. Noi ci siamo, come sempre. Ora, perché questa non sia l’ennesima occasione mancata, sono le Regioni e lo Stato che non possono fallire.

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